Smuovere la palude
Renzi ci sta provando

In attesa di poter esaminare con la sufficiente attenzione il Documento Economico Finanziario approvato dal Consiglio dei Ministri ieri sera, possiamo confermare una prima impressione positiva. La cornice nella quale il governo Renzi ha presentato il suo provvedimento è di valore. Mentre il governo Letta oscillava fra piagnucolose accuse contro i parametri europei e le farneticazioni di ministri convinti che la crisi fosse finita, Renzi ha tenuto fermo un dato di previsione di crescita per l’anno in corso, lo 0,8%, che non consente illusioni di sorta. L’Italia resta in difficoltà ed in ritardo. Per lasciare questa desolata condizione, il governo non ha intenzione di marciare contro il rigore tedesco, ma - udite, udite - di rispettarlo. Questa novità va apprezzata. A contrario di tutti i suoi predecessori, Renzi è convinto che le responsabilità della crisi abbiano una radice italiana, dovuta ad un debito spaventoso e una spesa pubblica insensata. Di conseguenza, il premier riconosce la necessità di rispettare il vincolo del 3%, proprio per garantirsi un eventuale spazio di manovra successiva. Per questo ha annunciato riforme, tagli alle spese e privatizzazioni, misure volte a rafforzare i consumi a sostegno delle imprese. La direzione è giusta ma il passaggio resta delicato. Gli ottanta euro in busta paga in più, in pratica una 14esima a chi guadagna entro i 1500 euro al mese, dovrebbe essere coperto, con 4,5 miliardi che verranno dalla spending review, e 2,2 miliardi ricavati dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione di Bankitalia, con un’imposta al 26% (dal 12 che era), sulle plusvalenze delle quote. Si capisce quindi quanto valore assuma proprio la spending review che pure è voce altamente incerta. Così come è ancora tutto da capire quando vi saranno i tagli di stipendi ai manager pubblici, i risparmi promessi sulle Province ed il Senato, i tempi ed i ricavi delle privatizzazioni, nonchè la chiusura degli enti considerati inutili. Un programma così vasto, quello di Renzi, che in molti lo hanno subito definito ambizioso, ma che in ogni caso deve essere valutato su dati, indicazioni e tempi ancora da definire. Poi, dobbiamo confessare, che la sola idea di abolire il Cnel e di ridurre lo stipendio ai dirigenti delle Usl, merita un plauso. Se poi anche Moretti lascerà il Paese perché non potrà più guadagnare i suoi sudati 800 mila euro l’anno, ce ne faremo una ragione. Piuttosto sarà importante capire come si misureranno le riforme, in particolare quella annunciata del mercato del lavoro, visto che della riforma della Sanità, non se ne farà niente. Peccato. Siamo dell’idea che per ridiscutere l’insieme della spesa pubblica, bisognava partire proprio da questa, ma speriamo di poterci convincere altrimenti. Anche perché, se non ancora a fatti, almeno a parole, il governo Renzi ha iniziato a smuovere la palude della pubblica amministrazione che opprime l’Italia dagli anni del primo centrosinistra. E’ già qualcosa solo questo.

Roma, 9 aprile 2014